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L’isola ha grosso
modo la forma di un quadrilatero, con
una lunghezza da nord a sud di 270 km e
una larghezza da ovest a est di 120 km;
i quattro punti estremi sono capo
Falcone a nord, capo Teulada a sud, capo
Comino a est, capo dell’Argentiera a
ovest. Essa presenta una certa simmetria
tra i versanti opposti, con quattro
maggiori insenature, una su ciascun
lato: il golfo dell’Asinara a nord, il
golfo di Cagliari a sud, il golfo di
Orosei a est, il golfo di Oristano a
ovest. Lo sviluppo costiero è notevole,
circa 1.400 km; rari sono i buoni porti
naturali: le coste sono per tre quarti
alte e rocciose, per lunghi tratti
rettilinee. Queste morfologie
predominano lungo i litorali
settentrionali e orientali, mentre in
quelli meridionali e occidentali sono
più frequenti le orlature sabbiose, a
volte chiuse da cordoni di dune.
L’altezza delle ripe varia anche
notevolmente, ed è comunque in rapporto
con l’entità del rilievo retrostante:
nel golfo di Orosei vi sono scogliere a
strapiombo di oltre 400 m, e una ripa
presso il capo di Monte Santo tocca
persino i 757 m. Celebri le rosse
scogliere di porfido del golfo di
Arbatax, subito a sud del golfo di
Orosei. Altri due aspetti interessanti
delle coste sarde sono la ricchezza di
grotte, assai numerose là dove ci sono
formazioni calcaree soggette al
carsismo, e le insenature profonde, a
imbuto, simili a fiordi (le cosiddette
coste “a rías”, antiche valli fluviali
poi sommerse e quindi occupate dal
mare), numerose nella regione
nordorientale dell’isola, la Gallura. I
rilievi della Sardegna sono totalmente
estranei a quelli di qualsiasi altra
parte d’Italia. Le rocce cristalline su
cui poggia l’isola (che in un
remotissimo passato era unita alla
Corsica) erano già emerse quando non vi
erano ancora né le Alpi né gli
Appennini. Tuttavia i grandiosi
movimenti della crosta terrestre, da cui
nell’era terziaria tali sistemi montuosi
trassero origine, ebbero ripercussioni
anche in Sardegna, determinando la
formazione di massicci isolati derivati
dalle fratturazioni dei preesistenti
rilievi.
A causa dell’attività erosiva,
durata decine e decine di milioni di
anni, l’isola è priva di erte catene
montuose, di vette elevate, di scarpate
profonde, di valli incassate: il
paesaggio è “appiattito” (l’altitudine
media non supera i 500 metri), ma non
per questo meno imponente. Predominano
quindi nettamente le distese collinari
(67,9% del territorio); il 18,5% è
formato da pianure, sicché le aree
montane corrispondono ad appena il 13,6%
della superficie insulare. Inutile
dunque cercare nell’isola un andamento
unitario nei rilievi. Il massiccio più
poderoso è il Gennargentu, situato nella
sezione centrorientale, che tocca nella
punta La Marmora (1.834 m) la massima
elevazione della Sardegna. Più a nord
una serie di rilievi forma una specie di
allineamento trasversale, da sud-ovest a
nord-est, che la valle del fiume Tirso
separa dal massiccio centrale, e che può
considerarsi costituito dalla catena del
Marghine-Goceano e dai monti di Alà; le
quote massime si aggirano sui 1.200
metri. Più a nord e più isolato, si
eleva il massiccio granitico del Limbara
(1.362 m). Nella parte meridionale della
Sardegna i gruppi montuosi di maggior
entità, separati dall’ampia pianura del
Campidano, sono a ovest i rilievi
dell’Iglesiente, paragonabili a una
serie di piccoli massicci che culminano
nei 1.236 m del monte Linas, e a est un
vasto tavolato che tocca i 1.069 m nella
punta Serpeddi. Antico braccio di mare
poi colmato, il Campidano forma una
pianura di notevole estensione (circa
2.000 km²) e rappresenta un elemento
morfologico nettamente contrapposto a
quello dominante della Sardegna. Il
Campidano attraversa infatti da
nord-ovest a sud-est (cioè con andamento
opposto a quello del
Marghine-Goceano-monti di Alà) l’intera
Sardegna centromeridionale, creando una
sorta di corridoio tra il golfo di
Oristano e il golfo di Cagliari. Assai
meno estesa ma di analoga origine è la
pianura della Nurra, nell’estremo
nord-ovest dell’isola, tra il golfo
dell’Asinara e quello di Alghero. Le
altre pianure, sia costiere sia interne,
sono di esigue dimensioni. La
distribuzione irregolare dei rilievi è
all’origine di una idrografia
frammentata, povera di fiumi importanti;
inoltre la natura del suolo, che per
metà è impermeabile e quindi impedisce
la formazione di ricche sorgenti
sotterranee, aggiunta alla
concentrazione delle piogge in un solo
periodo dell’anno, rendono il regime dei
corsi d’acqua fortemente variabile.
Tutti i fiumi sardi hanno, quindi,
carattere torrentizio, con piene
primaverili alle quali si contrappongono
magre estive anche assolute. Durante le
piene le acque erodono facilmente i
suoli, spesso impoveriti di copertura
vegetale, e trascinano una cospicua
massa di detriti, che si depositano
nelle zone pianeggianti, costiere e
interne; si formano così con facilità e
frequenza aree paludose, oggi tuttavia
in larga misura prosciugate. La Sardegna
è la regione italiana nella quale sono
state realizzate, mediante dighe e
bacini artificiali, le più imponenti
opere di regolamentazione dei corsi
d’acqua; con uno sbarramento sul Tirso è
stato creato, nel 1923, il lago Omodeo
che, con una superficie di 22 km² è il
più vasto lago artificiale d’Italia.
L’isola ha tre soli fiumi di un certo
sviluppo e ampiezza di bacino: il citato
Tirso (150 km di lunghezza e 3.100 km²
di bacino idrografico), il Flumendosa e
il Coghinas. Il Flumendosa nasce dal
Gennargentu, scorre per 127 km con
direzione prevalente verso sud, dopo
essere stato sbarrato da dighe in più
punti, e sfocia nella costa sudorientale
dell’isola. Il Coghinas (123 km di
lunghezza) ha origine invece dai monti
di Alà, si dirige verso nord-ovest,
forma quindi il lago artificiale omonimo
(17 km²) e sbocca infine nel golfo
dell’Asinara.
Clima e ambiente.
La Sardegna ha un clima essenzialmente
mediterraneo; gli influssi del mare si
avvertono pressoché ovunque nell’isola,
anche se, come è naturale, si
indeboliscono col procedere verso
l’interno. La regione è sottoposta
all’influsso di due determinanti
correnti d’aria: alla fine dell’autunno
prevalgono i venti temperati e umidi
provenienti dall’Atlantico, cioè da
nord-ovest, all’inizio della primavera
quelli caldi e asciutti provenienti
dall’Africa, cioè da sud. Ne deriva che
le aree che ricevono maggiori
precipitazioni sono quelle
nordoccidentali, mentre le regioni più
aride sono quelle meridionali. Mitigate
dal mare, le temperature hanno medie
abbastanza contenute, sia estive sia
invernali; la media annua si aggira in
quasi tutta la regione tra 14 °C e 18 °C
. Le temperature estive più elevate
(medie sui 30 °C) si registrano in
alcune conche interne (con massimi anche
superiori a 40 °C), mentre nelle fasce
costiere si aggirano sui 24 °C; le medie
invernali sono di 9-10 °C sulle coste,
ma scendono fino a 0 °C sulle sommità
del Gennargentu. Le piogge si
concentrano tra novembre e dicembre,
mentre sono pressoché assenti in luglio
e agosto; nel resto dell’anno
l’andamento è molto irregolare. Le
precipitazioni complessivamente non sono
scarsissime: passano dai 500-600 mm
annui nelle aree pianeggianti, ai
700-800 mm sui primi rialzi collinari
dell’entroterra; al di sopra dei 900
metri di quota si superano in genere i
1.000 mm di precipitazioni, che alle
alte quote assumono anche forma nevosa.
Nel piano superiore del Gennargentu,
cioè al di sopra dei 1.500 metri
d’altezza, il manto nevoso dura alcuni
mesi. Tra gli elementi climatici di
rilievo va aggiunta la ventosità; con
maggior frequenza in inverno, ma
saltuariamente anche nelle altre
stagioni, soffia con molta violenza il
maestrale, un vento freddo che proviene
da nord-ovest. La Sardegna, anche a
causa del suo scarso popolamento, ha
conservato intatti fino a oggi numerosi
suoi aspetti naturali originari, molti
dei quali del tutto particolari,
salvaguardati dalla stessa insularità,
dal distacco dell’isola nei confronti
sia dell’Africa sia dell’Europa. Spesso
il paesaggio appare selvaggio, severo e
senza presenza umana; in taluni punti
risulta di una bellezza e di una
suggestione rare nell’area mediterranea.
Di recente però diverse zone,
soprattutto costiere, come la Costa
Smeralda, hanno subito aggressioni
devastanti da parte di imprese esterne
che hanno riempito i tratti litoranei
più belli con un numero eccessivo di
insediamenti e costruzioni (alberghi,
seconde case, villaggi turistici,
campeggi ecc.). La storia geologica
dell’isola, con la sua antichità e il
protratto isolamento dalle masse
continentali, sia d’Europa sia d’Africa,
ha determinato assolute particolarità
per quanto riguarda la flora e la fauna,
che meritano di essere protette con
molta attenzione. Alcuni degli ambienti
naturali più significativi e rari,
perciò, sono stati salvaguardati o
stanno per essere sottoposti a tutela.
Si ricordano, tra le principali aree
protette, il Parco nazionale del
Gennargentu, la riserva naturale
dell’isola di Caprera, la riserva
naturale di Capo Caccia, il parco
naturale della penisola del Sinis (sulla
costa occidentale) e la riserva naturale
dello Stagno di Molentargius, in
prossimità di Cagliari, in cui vivono
grandi colonie di uccelli acquatici.
Flora e fauna.
Il carattere fondamentale della
flora sarda è quello di avere conservato
in gran parte intatte alcune specie
vegetali molto antiche, che altrove
hanno subito invece delle trasformazioni
o si sono estinte. Ma si verifica anche
l’opposto: mancano in Sardegna diverse
specie vegetali presenti nell’Italia
continentale e nella stessa Sicilia,
come il faggio e le conifere: le pinete
costiere (pino d’Aleppo, pino domestico)
sono tutte d’impianto recente. La
maggior parte della superficie
dell’isola, dove la pastorizia brada,
itinerante, è sempre stata
tradizionalmente l’attività dominante, è
occupata dal pascolo, rappresentato sia
dalla steppa a graminacee sia dalle
formazioni arbustive. Entrambe sono il
risultato di un impoverimento della
vegetazione dovuto al sovrapascolamento
o agli incendi, in buona parte di
origine sospetta e appiccati per
rinnovare il pascolo. Oltre la metà
della superficie boschiva distrutta ogni
anno in Italia da incendi probabilmente
dolosi è situata in Sardegna, benché
leggi anche severe siano state emanate
in merito. I boschi veri e propri
occupano un’area molto ristretta del
territorio regionale; essa corrisponde
essenzialmente alle zone più interne e
impervie, soprattutto nelle valli più
incassate, meno accessibili all’uomo e
al bestiame, e non alle sommità montane;
le piante prevalenti sono la quercia
(tra cui molto diffusa è la quercia da
sughero), il leccio e il castagno. La
formazione vegetale più ricca, estesa e
vigorosa è nettamente la macchia
mediterranea, che caratterizza il
paesaggio della Sardegna sin verso gli
800 metri di quota, talvolta formando
pittoreschi boschetti isolati sui nudi
strapiombi costieri; la macchia non
rappresenta però una formazione
originaria, ma deriva dal bosco
degradato. È comunque la tipica
associazione sempreverde che include
arbusti anche alti – si ha in tal caso
la cosiddetta “macchia alta”, dove gli
arbusti raggiungono anche i 4-5 m di
altezza, quando trovano suoli più
profondi e maggiore umidità – tra cui
principalmente olivastro, lentisco,
carrubo, mirto, alloro, ginepro, cisto;
lungo i greti dei torrenti sono spesso
fitti gli oleandri. Si ha poi una
macchia impoverita, con arbusti sui 50
cm d’altezza, comunemente chiamata
garriga, che comprende salvia,
rosmarino, erica, timo, ginestra ecc.;
interessanti sono le formazioni di palme
nane. Le praterie a graminacee infine
prevalgono in prossimità dei litorali,
in particolare nelle più calde e aride
coste meridionali e orientali; dove si
stendono le zone paludose litoranee, non
infrequenti in Sardegna per il difficile
e irregolare deflusso delle acque,
crescono canneti e diverse erbe
palustri. Molto interessante e
particolare è la fauna. Mancano infatti
nell’isola molte specie comuni nelle
terre circostanti (ad esempio la
marmotta, la lontra, la talpa, l’orso,
il tasso, lo scoiattolo, il lupo, la
vipera e qualsiasi altro serpente
velenoso e comunque la maggior parte dei
rettili, la rana, e persino il passero
comune, il Passer domesticus Italiae).
Per contro, la Sardegna ospita molte
specie endemiche, inesistenti altrove.
Caratteristica comune a tutti gli
animali presenti (l’asino, varie specie
di suini, il cinghiale, la lepre, il
cavallo ecc.) è la taglia, generalmente
più piccola di quella delle stesse
specie continentali. Il più noto degli
animali della Sardegna è il muflone,
splendida pecora selvaggia con grandi
corna ritorte (nei maschi); tra i
rettili presenti solo nell’isola vi è la
tartaruga marginata (Testudo marginata),
che può raggiungere una lunghezza di 40
cm. Si ricorda poi, tra gli uccelli, in
genere assai numerosi, l’ampia
diffusione dei rapaci: il grifone,
l’avvoltoio nero, l’avvoltoio barbuto,
l’aquila reale, l’aquila del Bonelli e
il magnifico falco della regina o falco
di Eleonora (Falco eleonorae). Ridotto a
pochissimi esemplari rintanati in alcune
grotte delle coste orientali è infine un
mammifero marino, la foca monaca (Monachus
monachus).
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"Sardegna," Microsoft®
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